Selinunte, tra le vestigia più affascinanti della Sicilia antica, regala un’altra pagina significativa della sua storia. Si è conclusa la campagna di scavi condotta sull’acropoli, che ha riportato alla luce l’adyton del Tempio R, tra i più antichi edifici in pietra del sito. Scoperto un deposito votivo straordinario sotto il piano originario del santuario, con oggetti simbolici e rituali carichi di significato religioso e comunitario.
Nel cuore del naos, gli archeologi hanno ritrovato un anello d’argento, offerto probabilmente da una donna di alto rango intorno al 570 a.C. Il gesto riflette una profonda devozione, incentrata sulle figure femminili divine che proteggevano Selinunte. Il deposito comprendeva almeno 300 reperti tra cui ceramiche fini, pesi da telaio e ben 27 punte di lancia infilate nel terreno: testimonianze che raccontano un culto devoto e articolato già nelle primissime fasi urbanistiche, attorno al 628 a.C.
Spiccano inoltre strutture monumentali come l’accesso nord-ovest del santuario (SAS W), con stratificazioni che dalla fase pre-greca giungono al medioevo senza rotture, permettendo ricostruzioni precise della sequenza storica. Ma è nel cuore del Tempio R (SAS Y) che emerge l’adyton: uno spazio sacro protetto da una transenna, che consentiva ai fedeli – specialmente donne legate ai culti di Demetra e Kore – di depositare offerte senza oltrepassare l’area riservata al divino.
La campagna, realizzata dall’Institute of Fine Arts di New York University e dall’Università Statale di Milano in sinergia con il Parco archeologico di Selinunte, sotto la direzione dell’archeologo Clemente Marconi, conferma le intuizioni dello studioso Dieter Mertens: fin dagli albori, Selinunte intendeva investire nell’urbanistica sacra, distinguendosi per un santuario centrale profondamente radicato nel tessuto comunitario.
“Sta tornando alla luce la Selinunte più antica”, ha commentato l’assessore ai Beni culturali, Francesco Paolo Scarpinato, che ha rimarcato come l’emergere del santuario consenta di comprendere meglio il nucleo spirituale della città. “Stiamo portando alla luce l’anima più antica di Selinunte, quello spazio attorno cui fu costruita la prima comunità”, ha aggiunto il direttore del Parco, Felice Crescente.
Il rinvenimento dell’adyton rappresenta una svolta: una finestra diretta nel cuore del culto privato, riflesso di una società in cui le donne avevano un ruolo attivo nella pratica religiosa. L’insieme dei reperti, la struttura intatta, la precisione stratigrafica costituiscono un contributo prezioso per la conoscenza del mondo greco antico in Sicilia.
Gli scavi, finanziati da istituzioni italiane e internazionali, proseguiranno nei prossimi mesi per mappare ulteriori settori dell’acropoli. Ciò che emerge, tuttavia, è già un quadro solido: Selinunte non è soltanto un museo a cielo aperto, ma un luogo in cui la pietra continua a svelare la vita, le credenze, le aspirazioni delle generazioni che la abitarono. Una memoria che torna a parlare attraverso simboli, oggetti e architetture, invitandoci a leggere le origini e la spiritualità profonda di una comunità antica.