Ha il colore del sole di Sicilia e il sapore dolce dell’estate. Il melone giallo del trapanese è da sempre un protagonista delle tavole isolane, e non solo. Eppure, dietro questa immagine di successo, si nasconde una crisi silenziosa: in 15 anni, gli ettari coltivati si sono dimezzati. Per invertire questa rotta e proteggere un’eccellenza del territorio, è partita una controffensiva: un comitato di produttori, guidato dal GAL “Valle del Belìce”, ha avviato ufficialmente l’iter per ottenere il prestigioso marchio IGP.
L’obiettivo è dare un nome, un’identità e una tutela giuridica a un prodotto che, come spiegano i promotori, non ha eguali. La battaglia è iniziata a Gibellina, con la costituzione di un comitato che unisce nove aziende agricole delle province di Trapani e Palermo, le due aree storicamente vocate a questa coltura. A guidare il gruppo sono stati eletti Pietro Campo come presidente e Giovanni Cusenza come suo vice.
“Il melone giallo prodotto nel nostro comprensorio ha caratteristiche uniche”, spiega Alessandro La Grassa, direttore del GAL che si è fatto promotore dell’iniziativa. La prima e fondamentale differenza rispetto a molti concorrenti è la coltivazione a campo aperto, mai in serra. È una scelta che espone la pianta alle condizioni climatiche locali, ma che, unita alle proprietà specifiche dei terreni collinari, conferisce al frutto un sapore, una consistenza e una serbevolezza che lo rendono inimitabile.
Ottenere l’Indicazione Geografica Protetta significa creare un scudo contro le imitazioni e la concorrenza sleale. Significherebbe poter scrivere in etichetta che solo il melone coltivato secondo le rigide regole del disciplinare in questo angolo di Sicilia potrà fregiarsi di quel nome, garantendo al consumatore l’autenticità e la qualità. Un valore aggiunto fondamentale per un prodotto che già oggi varca i confini nazionali per arrivare sui mercati di diversi paesi europei.
Il primo compito del comitato sarà ora quello di stilare il disciplinare di produzione, il rigoroso manuale che definirà ogni aspetto della coltivazione. Sarà un percorso lungo, ma la speranza è che il marchio IGP possa diventare il volano per una vera e propria rinascita, incentivando nuovi investimenti e riportando la produzione ai fasti di un tempo, per salvare non solo un frutto, ma un pezzo di storia dell’agricoltura siciliana.


